Il sentimento estetico di un intellettuale disorganico
Il 7 novembre 2016 Mario Perniola, uno dei maggiori e più originali filosofi italiani dell'ultimo mezzo secolo nonché uno dei pochi ben conosciuti all'estero, ebbe dal suo medico una prognosi infausta: "un anno di vita. Non un mese di più, né un mese di meno".
Cosa accadde durante quell'anno Perniola lo racconta in un libro che è anche un testamento filosofico: Tiresia contro Edipo. Vita di un intellettuale disorganico (Il melangolo edizioni, Genova, 2021), libro che è essenzialmente il tentativo di decifrare il senso del proprio destino alla luce della propria malattia. S'ispira in tale tentativo all'idea stoica di amor fati, che Perniola definisce come "l'adesione incondizionata a ciò che è stato, a ciò che è, a ciò che sarà", e cioè a quella "riconoscenza nei confronti del nostro destino" che si concilia in lui con quel sentimento estetico che lo ha accompagnato durante tutta la vita.
Come osserva Enea Bianchi nella bella introduzione al volume da lui curato – gli stoici, per i quali la realtà è permeata dal logos, rintracciano la bellezza e il vero bene nel mondo e non in un mondo dietro al mondo". Rintracciare la bellezza nel mondo, saperla trovare nel proprio destino anche quando ci conduce all'incontro con Madame Morte, è uno dei principali motivi ricorrenti in questo libro, e poiché per farlo è necessario mettersi alla ricerca delle cause psicologiche del suo male a questo fine viene evocato Tiresia, il divinatore della tragedia di Edipo, proprio in quanto è ritenuto in grado di anticipare le cause psicologiche del male. E secondo l'autore, nel suo caso, l'origine del male è riconducibile al bisogno di essere visti.
Leggi tutto: Il sentimento estetico di un intellettuale disorganico
Il dragone è sempre più vicino, e non è solo
L’etichetta «made in China» non era stata ancora inventata, eppure la civiltà cinese esisteva già, ed era fiorente ed evoluta. Nemmeno il nome Cina non esisteva: sarebbe nato solo con la Qin che, appunto, si pronuncia cin. Si tratta di una dinastia che, come ricorda Federico Rampini nel suo ultimo saggio (Fermare Pechino: Capire la Cina per salvare l'Occidente, Mondadori editore), unifica sotto un’unica amministrazione gran parte del territorio cinese a partire dal 221 avanti Cristo. La terra della seta, che in seguito arriverà in Europa grazie a due monaci, e contrabbandieri, nestoriani, sarebbe poi divenuta, durante il medioevo e per merito di Marco Polo, il famoso Catai.
Non sono trascurabili i segni della presenza di tale civiltà all'arte occidentale: basti pensare all’Adorazione dei Magi dipinta da Giotto nella basilica inferiore di Assisi, in cui sono riconoscibili due personaggi cinesi, o a un affresco del Pisanello, San Giorgio e la principessa, che si trova nella chiesa di Sant’Anastasia a Verona, e in cui sono ben visibili due cavalieri dai tratti somatici asiatici, o ad alcune opere di Ambrogio Lorenzetti.
Ma soprattutto Rampini ci ricorda che Confucio è più antico di Machiavelli e che ha insegnato ai cinesi "il rispetto per l’istruzione, il senso delle gerarchie e delle regole, la venerazione per i padri, la capacità di anteporre la comunità all’individuo", tanto che lo ammirarono anche Voltaire e Montesquieu.
Sulla civiltà cinese ebbe però una grande influenza anche il buddismo, e con esso una sua certa idea del diavolo di cui ci ha trasmesso dei simboli: nel tardo medioevo, per esempio, il demonio veniva spesso raffigurato come un pipistrello, che assomiglia molto al dragone della tradizione cinese, tanto da poter suggerire l'ipotesi semiseria che il covid sia partito non per caso proprio dalla Cina, e dai pipistrelli.
Dialogando in sogno con i maestri
L'opera pittorica di Christian Olivares
Christian Olivares nasce a Valdivia, in Cile, il 13 settembre del 1944 da padre cileno e madre danese, frequenta la Scuola di Belle Arti a Santiago e poi si perfeziona all'Accademia delle Belle Arti di Ravenna. Durante la dittatura di Pinochet si mette in luce in Italia grazie a varie mostre collettive di artisti dissidenti cileni, mentre in seguito realizza mostre personali, oltre che nel suo paese d'origine, anche a Roma, Bologna e Berlino. Oggi risiede ad Amburgo, ma ha soggiornato a lungo anche in Italia, soprattutto a Bologna, a Roma e a Parma, dove ha collaborato come volontario all'ospedale psichiatrico di Colorno quando era diretto a Franco Basaglia. Sempre in Italia, e poi in Spagna, ha curato le scenografie di alcuni film di José Maria Sanchez. Ha inoltre realizzato le scenografie di alcuni spettacoli teatrali del regista cileno Raúl Ruiz Pino al festival di Avignone e della ballerina spagnola di flamenco María Pagés.
Nonostante questi pregressi, nel nostro paese è però conosciuto più per l'errore dei giudici che attribuirono un suo quadro a Pacciani, ovvero al "mostro di Firenze", piuttosto che per lo straordinario complesso della sua opera. Fu Vittorio Sgarbi ad avvertire giudici superficiali e frettolosi giornalisti che non poteva non trattarsi di un vero pittore, caratterizzato da una profonda conoscenza della storia dell'arte, assimilata e rielaborata in maniera originale.
Quella di Christian Olivares è infatti un'opera variegata di stili anche assai eterogenei ed evocativi di correnti artistiche diverse, da cui trapela costantemente una profonda cultura pittorica ed estetica. Una delle cifre stilistiche preminenti è una certa solitudine dei corpi, sorpresi spesso in un'espressione che li raccoglie, è una certa fierezza che traspare dagli sguardi e da certe espressioni dei volti, che sono spesso colti in momenti di silenzioso raccoglimento, quasi rivelando un'attitudine un po' buddista o taoista al non pensiero, al conseguimento di quel vuoto mentale che poi costituisce la massima forma di consapevolezza.
Dieci differenze tra i "settari" e i "dialogici" nella vita e su Twitter
Il presente e succinto promemoria parte dall'ipotesi che i "settari" siano una categoria psicologicamente, sociologicamente e culturalmente ben definibile, esattamente come i loro eterni contraltari, ovvero i "dialogici". Ma come si fa a distinguere, nella vita e su Twitter, gli uni dagli altri?
Prima differenza: i settari tendono ad asserire, i dialogici ad argomentare.
Seconda differenza: i settari tendono ad essere sempre d'accordo con il loro capo carismatico, o leader, mentre i dialogici talora sono critici anche verso le persone che apprezzano e stimano di più.
Terza differenza: i settari tendono a rispettare le gerarchie all'interno della loro setta; i dialogici, non identificandosi mai con alcuna setta, non hanno alcuna particolare soggezione verso qualsivoglia gerarchia.
Quarta differenza: i settari tendono a muoversi e agire in gruppo, i dialogici tendono a farlo da soli.
Quinta differenza: i settari sono inclini all'offesa, mentre i dialogici solitamente ne rifuggono.
Sesta differenza: su Twitter i settari tendono a mettere molti like, specialmente dove ce ne sono già tanti; i dialogici ne mettono in genere di meno, ma di più dove ce ne sono di meno.
Settima differenza: i settari tendono a non cambiare opinione, anche quando non ne hanno, come spesso accade, una propria; i dialogici tendono a cambiarla con circospezione.
Ottava differenza: i settari, identificandosi con la propria setta, hanno qualche difficoltà in più dei dialogici a provare vergogna, perché si appagano di surrettizie sicurezze gregarie.
Nona differenza: i settari, al contrario dei dialogici, sono per lo più incapaci di trarre un vero piacere dalla conversazione, mentre trovano soddisfazione nelle discussioni, specialmente se accese.
Decima differenza: sia nella vita sia su Twitter i settari tendono a ripetere all'infinito i luoghi comuni cari alla propria setta e talora, sbagliando coordinate, inavvertitamente anche ad altre concorrenti; ripetizioni da cui invece rifuggono i dialogici.