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E in questo istante tu dormi e sorridi

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   Lo sdegno che da ragazzo Lapo provava per l'ingiustizia gli era rimasto nel sangue, come il gusto di ricordare. Anche nella capanna assediata dalla furia di un temporale il passato lasciava la sua orma. Gli uomini scompaiono tutti, pensava, chi da gigante e chi da nano, sotto il cielo stellato o dentro un abisso di silenzio, scompaiono lasciando una debole memoria o una traccia profonda.

    Quando si fu estinta in lui ogni forma d'intolleranza giovanile, quella "che divideva gli uomini in 'compagni' e 'nemici', che rendeva ciechi di fronte alle ragioni dell'altro, al mistero del suo essere uomo", il professor Lapo Tusci, docente di materia letterarie, si recava spesso sul passo di Dante, sul colle per cui i pisan veder Lucca non ponno: gli piaceva pensare che da lì fosse passato il sommo poeta e vi si tratteneva a lasciar affiorare i ricordi della sua vita. Di quando bambino, in soffitta, osservava il pulviscolo danzare in un fascio di luce mentre spiava le formiche, o di quella volta che schiacciò un ragno facendone uscire un liquido giallognolo. Da quella soffitta "il mondo gli pareva piccolo e buffo" e mentre sognava di recitarvi un ruolo da protagonista si sentiva già un suo spettatore appartato.

  • Paolo Buchignani

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Nei ripostigli del cuore, sentire le cose parlare

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    Come un pupazzo a molla che salta da un ventre di legno, preda del desiderio di prendere ancora e sempre parte alla vita, o come un foglio accartocciato in un cestino e riaperto con circospezione per ritrovarvi le tracce di quanto non è mai accaduto, o  “un sogno impalpabile di luce e di calore/che vaga tra l’erba e le piante del prato”, siamo alla fine questo stesso qualcuno afferrato da “una acuta ed inutile voglia” di sedersi per terra e di non fare più nulla per lasciarsi sorprendere dal proprio sguardo sul mondo. Si tratta solo di sapersi riconoscere in pochi momenti essenziali in cui si resta sospesi, in quei pochi smisurati istanti in cui la vita intera pare tirare le fila e disegnare un profilo nell’aria, il nostro o quello di uno sconosciuto, di quel pupazzo un po’ sinistro e ignoto che siamo, sogni di altri non meno ignoti, di un destino ridente che ci fa assomigliare ad un piccolo Dio con la sua aura di banalità che lo accompagna come un’ombra.
   "Cantiamo ciò che non abbiamo": in questo verso, che dà anche il titolo a questa raccolta di poesie di Marco Giovannetti, sembra riecheggiare, come in un romanzo di Vittorio Saltini di un po’ di anni fa, un verso di Antonio Machado: "Se canta lo que che se pierde": quel che non abbiamo o abbiamo perduto è infatti ciò che rimane accartocciato nel cestino, è “l’angoscia di non poter urlare il nostro niente/come un ciclope accecato, irriso”.

  • Antonio Machado
  • Esenin
  • Marco Giovannetti

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Il sentimento estetico di un intellettuale disorganico

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    Il 7 novembre 2016 Mario Perniola, uno dei maggiori e più originali filosofi italiani dell'ultimo mezzo secolo nonché uno dei pochi ben conosciuti all'estero, ebbe dal suo medico una prognosi infausta: "un anno di vita. Non un mese di più, né un mese di meno".

    Cosa accadde durante quell'anno Perniola lo racconta in un libro che è anche un testamento filosofico: Tiresia contro Edipo. Vita di un intellettuale disorganico (Il melangolo edizioni, Genova, 2021), libro che è essenzialmente il tentativo di decifrare il senso del proprio destino alla luce della propria malattia. S'ispira in tale tentativo all'idea stoica di amor fati, che Perniola definisce come "l'adesione incondizionata a ciò che è stato, a ciò che è, a ciò che sarà", e cioè a quella "riconoscenza nei confronti del nostro destino" che si concilia in lui con quel sentimento estetico che lo ha accompagnato durante tutta la vita.

    Come osserva Enea Bianchi nella bella introduzione al volume da lui curato – gli stoici, per i quali la realtà è permeata dal logos, rintracciano la bellezza e il vero bene nel mondo e non in un mondo dietro al mondo". Rintracciare la bellezza nel mondo, saperla trovare nel proprio destino anche quando ci conduce all'incontro con Madame Morte, è uno dei principali motivi ricorrenti in questo libro, e poiché per farlo è necessario mettersi alla ricerca delle cause psicologiche del suo male a questo fine viene evocato Tiresia, il divinatore della tragedia di Edipo, proprio in quanto è ritenuto in grado di anticipare le cause psicologiche del male. E secondo l'autore, nel suo caso, l'origine del male è riconducibile al bisogno di essere visti.

  • Mario Perniola

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C'è un U-Robot nel nostro futuro

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   In un centro internazionale di ricerca nei pressi di Las Vegas, negli Stati Uniti, è nata una generazione di robot assolutamente rivoluzionaria. Si chiama U-Robot, non deve essere confuso con Ufo-Robot e sa fare praticamente tutto. Come ogni altro Robot delle ultime generazioni può cucinare e fare le pulizie, ma non si ferma qui: sa eseguire anche lavori molto più complessi, come dirigere un'azienda, curare un paziente afflitto da vari tipi di disturbi, progettare ponti e spostarsi in quasi totale autonomia. Il prezzo? Non costa molto né acquistarlo né mantenerlo: lo si può infatti comprare in leasing con comode rate a partire da circa 700 euro al mese, a seconda delle prestazioni richieste, e cederlo usato senza che per i primi vent'anni del suo utilizzo abbia perso molto del suo valore.

    Il nuovo tipo di robot è in grado non solo di eseguire i calcoli più complessi, ma anche di escogitare nuove teorie scientifiche e persino di sostenere conversazioni impegnative sotto il profilo culturale. Si è dimostrato molto utile anche nei call center, dove è stato provato nel ruolo delle normali segreterie telefoniche ed è stato apprezzato da molti clienti per le sue attitudini dialogiche e la sua capacità di ascolto. Alcuni esemplari si sono perfino dimostrati in grado di fornire un certo conforto psicologico agli utenti, tanto che alcune aziende operanti nel settore della comunicazione ne hanno già prenotati diversi esemplari.

   La capacità di U-Robot vanno quindi ben oltre quella di leggere, scrivere o usare un pc: alcuni modelli sono capaci di suonare uno strumento musicale, o addirittura di comporre brani di assoluto rilievo estetico; mentre altri riescono a inventare, mediante la scrittura o la voce, fantastiche storie, o addirittura a recitare e cantare con incantevoli intonazioni. I modelli da football hanno poi la capacità di battere punizioni imparabili, di realizzare gol incredibili o assist geniali, tanto da non far rimpiangere alcuni dei più famosi numeri 10 della storia di questo sport, mentre gli esemplari più sofisticati sono stati brevettati per fornire un piacere sessuale particolarmente intenso, con tutta una gamma di opzioni da far incuriosire persino le persone più caste.

  • Robot

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Il dragone è sempre più vicino, e non è solo

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      L’etichetta «made in China» non era stata ancora inventata, eppure la civiltà cinese esisteva già, ed era fiorente ed evoluta. Nemmeno il nome Cina non esisteva: sarebbe nato solo con la Qin che, appunto, si pronuncia cin. Si tratta di una dinastia che, come ricorda Federico Rampini nel suo ultimo saggio (Fermare Pechino: Capire la Cina per salvare l'Occidente, Mondadori editore), unifica sotto un’unica amministrazione gran parte del territorio cinese a partire dal 221 avanti Cristo. La terra della seta, che in seguito arriverà in Europa grazie a due monaci, e contrabbandieri, nestoriani, sarebbe poi divenuta, durante il medioevo e per merito di Marco Polo, il famoso Catai.

    Non sono trascurabili i segni della presenza di tale civiltà all'arte occidentale: basti pensare all’Adorazione dei Magi dipinta da Giotto nella basilica inferiore di Assisi, in cui sono riconoscibili due personaggi cinesi, o a un affresco del Pisanello, San Giorgio e la principessa, che si trova nella chiesa di Sant’Anastasia a Verona, e in cui sono ben visibili due cavalieri dai tratti somatici asiatici, o ad alcune opere di Ambrogio Lorenzetti.

   Ma soprattutto Rampini ci ricorda che Confucio è più antico di Machiavelli e che ha insegnato ai cinesi "il rispetto per l’istruzione, il senso delle gerarchie e delle regole, la venerazione per i padri, la capacità di anteporre la comunità all’individuo", tanto che lo ammirarono anche Voltaire e Montesquieu.

   Sulla civiltà cinese ebbe però una grande influenza anche il buddismo, e con esso una sua certa idea del diavolo di cui ci ha trasmesso dei simboli: nel tardo medioevo, per esempio, il demonio veniva spesso raffigurato come un pipistrello, che assomiglia molto al dragone della tradizione cinese, tanto da poter suggerire l'ipotesi semiseria che il covid sia partito non per caso proprio dalla Cina, e dai pipistrelli.

  • Cina

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Dialogando in sogno con i maestri

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L'opera pittorica di Christian Olivares

 

   Christian Olivares nasce a Valdivia, in Cile, il 13 settembre del 1944 da padre cileno e madre danese, frequenta la Scuola di Belle Arti a Santiago e poi si perfeziona all'Accademia delle Belle Arti di Ravenna. Durante la dittatura di Pinochet si mette in luce in Italia grazie a varie mostre collettive di artisti dissidenti cileni, mentre in seguito realizza mostre personali, oltre che nel suo paese d'origine, anche a Roma, Bologna e Berlino. Oggi risiede ad Amburgo, ma ha soggiornato a lungo anche in Italia, soprattutto a Bologna, a Roma e a Parma, dove ha collaborato come volontario all'ospedale psichiatrico di Colorno quando era diretto a Franco Basaglia. Sempre in Italia, e poi in Spagna, ha curato le scenografie di alcuni film di José Maria Sanchez. Ha inoltre realizzato le scenografie di alcuni spettacoli teatrali del regista cileno Raúl Ruiz Pino al festival di Avignone e della ballerina spagnola di flamenco María Pagés.

   Nonostante questi pregressi, nel nostro paese è però conosciuto più per l'errore dei giudici che attribuirono un suo quadro a Pacciani, ovvero al "mostro di Firenze", piuttosto che per lo straordinario complesso della sua opera. Fu Vittorio Sgarbi ad avvertire giudici superficiali e frettolosi giornalisti che non poteva non trattarsi di un vero pittore, caratterizzato da una profonda conoscenza della storia dell'arte, assimilata e rielaborata in maniera originale.

    Quella di Christian Olivares è infatti un'opera variegata di stili anche assai eterogenei ed evocativi di correnti artistiche diverse, da cui trapela costantemente una profonda cultura pittorica ed estetica. Una delle cifre stilistiche preminenti è una certa solitudine dei corpi, sorpresi spesso in un'espressione che li raccoglie, è una certa fierezza che traspare dagli sguardi e da certe espressioni dei volti, che sono spesso colti in momenti di silenzioso raccoglimento, quasi rivelando un'attitudine un po' buddista o taoista al non pensiero, al conseguimento di quel vuoto mentale che poi costituisce la massima forma di consapevolezza.

  • Cezanne
  • Christian Olivares
  • Monet

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