La melanconia degli uomini straordinari

   La raccolta che va sotto il nome di Problemata, parte integrante del corpus aristotelico, non è sicuramente da attribuire nella sua interezza ad Aristotele. Si tratta infatti di un’opera di scuola in cui, nella forma d’interrogazioni, vengono affrontate questioni disparate. Tra queste, il Problema XXX, 1 (ETS edizioni) ha per titolo La saggezza, l’intelletto, la sapienza e costituisce una vera e propria monografia sulla bile nera, le cui fluttuazioni sono nell’antichità considerate spesso come causa dell’umore melanconico, sia nelle sue forme più lievi sia in quelle che potremmo considerare particolarmente dolorose o patologiche. Questo testo ha costituito nei secoli successivi un punto di riferimento fondamentale in molte trattazioni di questo tema, da Marsilio Ficino e Robert Burton, l’autore di Anatomia della melanconia, fino alle creazioni artistiche di Albrecht Dürer.

   Come osserva Bruno Centrone, il curatore del volume, nel suo saggio introduttivo, ciò che colpisce alla lettura delle prime righe di Problemata XXX “è l’assunzione indiscussa che uomini straordinari del passato siano stati melanconici”. Se Platone non si era occupato molto della melanconia, pur caratterizzando la figura del tiranno come malinconico e pur soffermandosi talora sulla mania, nelle Etiche e nei Parva naturalia Aristotele vi fa più volte cenno. Nel De somno et vigilia stabilisce poi la connessione tra la melanconia e la bile nera. In linea generale, per Aristotele i tipi melanconici possono essere voraci, anche quando sono macilenti, si trovano quasi sempre in condizioni d’intenso desiderio, sono rapidi di mente e agitati da immagini che evocano piaceri di ogni sorta in modo vivido e intenso. Possono essere afflitti da una forma d’incontinenza (acrasia) più facile da curare di quanto non sia solitamente.

 

   Per Aristotele i melanconici hanno “sogni che premoniscono” e sono bravi nella loro interpretazione. Inoltre, sembrano portati alla poesia e forse, in qualche caso, alla filosofia. Come osserva Bruno Centrone, a differenza che nei testi di Aristotele, in Problemata XXX si può reperire l’asserzione che “tutti i melanconici sono straordinari, e i più grandi filosofi sono stati malinconici; tesi di cui non si trova traccia in Aristotele e che, Se fosse stata da lui condivisa, non avrebbe potuto essere sottaciuta”.

   Sebbene Aristotele non sostenga che i filosofi abbiano una qualche predisposizione alla melanconia, egli pare riconoscere che una simile condizione sia spesso abbinata all’estro poetico. In Problemata XXX questa attitudine dei poeti alla melanconia viene spiegata con il riscaldamento della bile nera, che in tale condizione è in grado di favorire l’insorgenza di stati d’animo “che spingono al canto” e a “condizioni estatiche”. Se infatti la bile nera può rendere coloro in cui si trova abbondante e fredda “ottusi e tardi”, può altrettanto facilmente rendere esaltati, pronti di spirito, loquaci e propensi ad abbandonarsi all’eros coloro in cui è abbondante e calda. Inoltre, “quando questo calore è vicino alla sede dell’intelletto, sono colpiti dalla malattie della follia o dall’invasamento entusiastico; di qui le Sibille, i Bacidi, e tutti gli ispirati dal dio, quando divengono tali non per malattia, ma per temperamento naturale”.

   A titolo di esempio il testo di Problemata XXX riporta il caso di Maraco di Siracusa, che “era un poeta anche migliore quando era fuori di sé; quelli invece in cui (la bile nera) è allentata rispetto al calore eccessivo, sono sì melanconici, ma più assennati e meno eccentrici; si distinguono dagli altri per molti aspetti, alcuni per cultura, altri nelle arti, altri ancora nella politica”. In conclusione, siccome in genere c’è un’alternanza di temperature della bile nera, che facilmente può riscaldarsi e altrettanto facilmente poi raffreddarsi, “tutti i melanconici sono straordinari, non per malattia, ma per natura”.

 

Aristotele, Problema XXX, 1 (Pisa, 2018, ETS edizioni, a cura di Bruno Centrone).