Emile Cioran e l'arte del ritratto letterario

 

   L'arte del ritratto letterario richiede una notevole dose di spregiudicatezza morale, se non addirittura di cattiveria. Delineare con brevi schizzi di penna la fisionomia psicologica di una persona o quella culturale di uno scrittore comporta infatti saper giustapporre in uno spazio breve qualità e caratteristiche spesso stridenti, il che comporta anche il saper essere crudeli con eleganza.

    I moralisti, che sono maestri in quest'arte sottile, sono esseri costituzionalmente indiscreti che non risparmiano il mistero di nessuno, né tantomeno la sua privacy. Anzi, potremmo dire che con la privacy ci giocano come il gatto col topo, o almeno come i gatti di una volta con i topi di una volta. Insomma, sono dei veri maleducati. Ma dei maleducati che hanno gusto, perché hanno trovato abbastanza tempo libero per dedicarsi agli altrui vizi e pregi con cognizione di causa, avendo in genere cognizione anche dei propri e avendo coltivato l'esercizio non sempre gradevole di esaminarli con cura. Eccellono in quest'arte specialmente i memorialisti, come fu Saint-Simon, la cui replica letteraria fu un esempio di maleducazione ancora più fulgida di quanto non poté permettersi di essere in carne ed ossa nella vita.

     Gran maestro nell'arte del ritratto letterario, Saint Simon è preso da Emile Cioran come modello, perché non ha alcuna indulgenza per l'astrazione: "è acuto con i sensi e, se spesso è ingiusto, non è mai falso. Tutti gli altri ritratti, paragonati ai suoi, sembrano schemi, composizioni stilizzate che mancano di energia e di veracità. Il suo grande vantaggio: ignorava di aver genio, non si considerava neppure uno scrittore. Niente lo imbarazza, niente lo intimidisce; si avventa, si lascia trasportare dall'impeto, senza tanti scrupoli né impacci."

    Insieme alla passione per ogni genere di squisitezza, una delle caratteristiche preminenti dei frequentatori dei salotti settecenteschi fu probabilmente una certa smania d'intrufolarsi dappertutto, nelle vite altrui come nelle loro camere da letto, ma di queste garbate inclinazioni restarono frammenti o scie anche in seguito: "Dalle Lettres galantes di Fontenelle alle Liaisons di Laclos si svolge la commedia che si estenua nell'artificio e nel falso. Una volta proclamata sovrana l'intelligenza, l'ingenuità, vale a dire i sentimenti, sembrava riservata al selvaggio e allo sciocco. Tutti quei begli ingegni avevano una paura morbosa della stoltezza."

    Probabilmente, proprio questa paura morbosa ha contribuito a sviluppare l'attitudine per il ritratto letterario, arte in cui ogni bell'ingegno poteva dare prova, diradando i fantasmi d'ogni tipo d'ingenuità, della finezza del suo spirito. Questa poteva trasformarsi, come nel caso di Madame du Deffand, in un vero e proprio "dramma della lucidità, ovvero di quella condizione estrema cui porta l'eccesso d'intelligenza, e in cui si è separati da tutto, si cessa di essere natura." Siccome nessuno veniva risparmiato da questo esercizio quasi compulsivo, aveva ragione Montesquieu "nell'indicare, come un aspetto caratteristico dell'epoca, la 'decadenza dell'ammirazione'. Tutto è collegato: senza ingenuità, senza pietà, non vi è capacità di ammirare, di considerare gli esseri in se stessi, nella loro realtà originale e unica, al di fuori dei loro accidenti temporali".

    La passione e la curiosità chirurgica di Emile Cioran per questo genere letterario lo indusse a progettare, insieme ad un'amica americana che condivideva con lui questa passione, una pubblicazione sul Saint Simon essenziale in inglese. Poi l'amica abbandonò il progetto e lui, dopo aver completato il libro su quello che considerava il più grande memorialista, e anche il più tipico, perché fazioso e profondo, si appassionò tanto al genere che si mise a cercare in altri autori delle Mémoires e a "cavarne ritratti ispirati da pregiudizi o passioni di vario genere", giungendo in questa ricerca fino ad Alexis de Tocqueville, un autore che amava quasi quanto Saint-Simon: così, dal momento che aveva iniziato con un suo idolo, decise che era giusto terminare questa antologia di grandi ritrattisti con un altro suo idolo.

    Questa galleria di ritratti allestita da Cioran ne propone quindi molti e di autori diversi: quello che lo scrittore e barone Friedrich Melchior von Grimm fa di Fontenelle è ricco di aneddoti eloquenti e divertenti, come questo: una sua amica di 103 anni, Madame Grimaud, va a trovare Fontenelle, anche lui molto anziano, e gli dice: "Signore, sembra che la Provvidenza ci abbia dimenticati sulla terra. Al che lui, con la consueta grazia, risponde: "Ssssssss". E Grimm ricorda che in società un'infinità di arguzie del genere e "di trovate eleganti avevano reso i rapporti con lui estremamente piacevoli".

    Particolarmente icastico è invece il ritratto che Joseph Joubert, un moralista amico di Chateaubriand, fa di quest'ultimo, descrivendolo come un individuo cui sarebbe mancata "quella sincerità che si ha e si può avere solo quando si vive a lungo con se stessi, ci si consulta, ci si ascolta, e il sentimento intimo acquista forza dall'essere esercitato e dall'uso che se ne fa"; e non meno pungenti e lucide sono le osservazioni di Madame de Staël su Talleyrand, quando lo descrive come "così padrone di se stesso da non riuscire a lasciarsi andare neanche volendo".

    A proposito di Madame de Staël, la sua lunga e laboriosa passione, percorsa da gelosie e ripicche, per Benjamin Constant è ricca di colpi di scena: dopo un lungo tira e molla amoroso lui le dichiara ufficialmente di essere stufo di "essere sempre necessario, ma mai sufficiente". Inizia quindi una relazione con un'altra donna, ma la cosa fa infuriare a tal punto la vera padrona del suo cuore che lui preferisce sposarsi tenendole segreto il suo matrimonio. La loro relazione dura comunque anche dopo queste nozze clandestine, con Madame de Staël che, al termine di una lunga trattativa, alla fine gli concede con un certo sdegno il permesso di fare un viaggio con sua moglie.

    Per quanto riguarda l'altro grande memorialista molto apprezzato da Cioran, con cui decide di concludere la sua rassegna di ritratti, ovvero Alexis de Tocqueville, questi fa una descrizione assai sfaccettata di Luigi Napoleone, a ulteriore testimonianza del fatto che i grandi ritrattisti non sono mai manichei o fanatici, anche quando sono faziosi: secondo Tocqueville il futuro Napoleone III, aveva "un temperamento bendisposto e socievole, un carattere indulgente, un'anima forse non proprio delicata, ma dolce e persino capace d'intenerirsi, una sicura padronanza nelle relazioni, una perfetta semplicità e, per quanto riguardava la sua persona, una modestia mescolata a un orgoglio senza limiti per la propria origine. Capace di provare affetto, era in grado di suscitarlo in coloro che gli si accostavano". Ma in fondo era un sognatore che "possedeva un'intelligenza incoerente, confusa, colma di grandi idee mal combinate, differenti quanto all'origine e spesso in contrasto fra loro, attinte com'erano, secondo i casi, dall'esempio di Napoleone, dalle teorie socialiste, dai ricordi dell'Inghilterra, dov'era vissuto". Insomma, era un bel guazzabuglio di aspetti diversi e talora contrastanti, come sono spesso gli esseri umani e come questi ritratti raccolti da Cioran pongono bene in evidenza, con una verosimiglianza esemplare, incisiva e implacabile.

 

 Emile M. Cioran, Antologia del ritratto, trad. it. di Giovanni Mariotti, Adelphi editore, Milano, 2017.