Che cos'è la vita?

 

 

  Erwin Schrodinger, nato a Vienna nel 1887 e insignito del premio Nobel per la Fisica nel 1933, negli anni quaranta insegnava presso l'Institute for Advanced Studies di Dublino. Elaborando delle lezioni che aveva tenuto al Trinity College, nel 1944 pubblicò un piccolo saggio (in seguito ristampato più volte) dal titolo piuttosto impegnativo: Che cos'è la vita?. A quest'interrogativo Schrodinger cercò di rispondere applicando i principi della fisica quantistica allo studio delle cellule.


   Partendo dall'ipotesi che le molecole dei geni fossero cristalli aperiodici, sostenne che queste potevano passare a configurazioni diverse attraverso dei "salti quantici", i quali potevano pertanto rivelarsi utili anche per spiegare le mutazioni genetiche.    Secondo Schrodinger "il fisico ha familiarità col fatto che  le leggi della fisica classica sono modificate dalla teoria dei quanti, specialmente a bassa temperatura.   

  Vi sono molti esempi di ciò. La vita sembra essere uno di essi, e anzi un esempio particolarmente notevole. La vita sembra dipendere da un comportamento, ordinato e retto da leggi rigorose, della materia, non basato esclusivamente sulla tendenza di questa a passare dall'ordine al disordine", così come il secondo principio della termodinamica - altrimenti conosciuto come principio di Entropia - sembrerebbe suggerire.    In base a tale principio, le cose della natura hanno la tendenza a raggiungere uno stato caotico, il quale prelude ad uno stato di massima quiete, che può in taluni casi coincidere con la morte stessa. Ma com'è possibile che tale principio di disordine venga controbilanciato da un principio d'ordine che sappia neutralizzarne gli effetti, o almeno procrastinarne gli esiti in modo da consentire la vita?   

   Per rispondere a questa domanda, Schrodinger introduce il concetto di "Entropia Negativa", sostenendo che tale nozione ha un ruolo fondamentale per spiegare come un organismo possa evitare quel "rapido decadimento" verso uno stato di inerte equilibrio che sembrerebbe provocato dal principio di "Entropia".

   Per fare ciò Schrodinger si serve di un esempio molto efficace. Dopo aver detto che un organismo può evitare un tale decadimento semplicemente bevendo e mangiando, egli si chiede quale sia il prezioso elemento contenuto nel nostro cibo in grado di preservarci dalla morte. Anche a questa domanda tuttavia si può rispondere in un modo semplice, perché "ogni processo, evento, fenomeno, chiamatelo come volete, in una parola tutto ciò che avviene in natura, significa un aumento dell'entropia di quella parte del mondo ove il fatto si verifica. Così un organismo vivente aumenta continuamente la sua entropia, o, si può anche dire, produce entropia positiva e così tende ad avvicinarsi allo stato pericoloso di entropia massima, che è la morte. Esso può tenersi lontano da tale stato, cioè in vita, solo traendo dal suo ambiente continuamente entropia negativa, che è qualche cosa di molto positivo, come vedremo immediatamente. Ciò di cui si nutre un organismo è l'entropia negativa. Meno paradossalmente si può dire che l'essenziale nel metabolismo è che l'organismo riesca a liberarsi di tutta l'entropia che non può non produrre nel corso della vita".    

   La teoria esposta in questo piccolo libro suscitò, all'epoca della sua pubblicazione, molte discussioni nell'ambito accademico, ma essa non era frutto di un proposito velleitario, se è vero che contribuì in maniera rilevante alla scoperta, circa dieci anni dopo, della struttura del DNA. Il progetto del saggio sembra del resto riconducibile alle consolidate convinzioni del suo autore circa il rapporto che le varie branche del sapere dovrebbero intrattenere tra loro. Egli era infatti persuaso che l'attività di ogni scienza fosse tanto più feconda quanto più si dimostrava in grado di comunicare con diversi ambiti disciplinari e, più in generale, con "l'umanità colta". Probabilmente è per questo motivo che lo stile da lui adottato risulta così chiaro anche al lettore profano. Sotto questo aspetto Schrodinger sembra infatti condividere l'opinione di Einstein, secondo il quale i concetti della fisica e della scienza in generale possono essere espressi e resi intelligibili mediante parole anche a un pubblico non specialista, in quanto noi tutti pensiamo - anche nei contesti teorici più complessi ed esoterici - mediante concetti e parole.                               

Erwin Schrodinger, Che cos'è la vita?, Adelphi.