Liberalismo e Liberalsocialismo

 

Norberto Bobbio riassume in maniera efficace le differenze tra il liberalismo di Benedetto Croce e il liberalsocialismo di Carlo Rosselli e Guido Calogero: “sin dal 1928 – scrive Bobbio - in un saggio intitolato per l’appunto 'Liberalismo e liberismo' Croce chiarì il concetto che, mentre il liberalismo è un ideale etico, il liberismo è un principio economico che, convertito arbitrariamente in ideale etico, si trasforma nella morale utilitaria. Perciò non ci si deve preoccupare se un provvedimento sia più o meno conforme ai principi del liberismo, ma se sia più o meno liberale, se cioè contribuisca ad accrescere la libertà; e non è affatto escluso che in determinate circostanze sia più energico promotore di libertà un provvedimento economico ispirato alla dottrina economica (non filosofica) socialista. Proprietà individuale e proprietà collettiva non sono beni in sé, ma secundum quid, da valutare in relazione al contributo che possono dare all’accrescimento dell’unico bene in sé, che è la libertà”.

Per Croce v’è un solo valore morale assoluto, ed è quello della libertà, che il liberalismo tutela e promuove. Il liberismo economico, così come il comunismo non sono invece che diverse strategie economiche che devono essere valutate in base a quanto e a come riescono a difendere e rafforzare un tale valore. Il principio del liberalismo “è etico ed assoluto, perché coincide col principio stesso morale, la cui formula più adeguata è quella della sempre maggiore elevazione della vita, e pertanto della libertà senza cui non è concepibile elevazione né attività. Al liberismo come al comunismo il liberalismo dice: Accetterò o respingerò le vostre singole e particolari proposte secondo che esse, nelle condizioni date di tempo e di luogo, promuovano o deprimano l’umana creatività, la libertà. Con ciò quelle proposte stesse, ragionate diversamente, vengono redente e convertite in provvedimenti liberali”.

Le finalità pratiche ed economiche non rientrano per Croce nel campo della morale, che ha una dimensione universale e non concerne motivazioni e interessi particolari, di individui o classi sociali, né si propone come scopo quello di fornire un metodo efficace per rendere felici gli esseri umani. Il liberismo, così come, in un modo opposto, il comunismo hanno di mira proprio quest’obiettivo: individuare il modello di società ed economia che possa incrementare la felicità individuale e/o collettiva. Ma un tale obiettivo costituisce per Croce una sorta di fantasia consolatrice, una velleità moralistica: “tolta di mezzo quella diade di disparati e ripugnati concetti, rimane dunque, unico principio la libertà, che ha in sé la virtù, e con esse il dovere, di proporsi e risolvere i problemi morali che sorgono sempre nuovi nel corso della storia, tutti i problemi, quali che essi siano: salvo, beninteso, quell’unico del rendere gli uomini felici e beati, che non è un problema ma una fisima, e si può lasciare in pastura ai discettanti sulla giustizia da introdurre nel mondo e sull’uguaglianza a cui ridurlo per farlo star buono”.

Per Carlo Rosselli, invece, il liberalismo non può che realizzarsi nel più ampio contesto della difesa dei diritti dei lavoratori, e questa in quello di uno Stato che continui a fondarsi sui principi liberali. Per questo “il socialismo deve tendere a farsi liberale e il liberalismo a sostanziarsi di lotta proletaria. Non si può essere liberali senza aderire attivamente alla causa dei lavoratori; e non si serve efficacemente la causa del lavoro senza fare i conti con la filosofia del mondo moderno, fondata sull’idea di svolgimento per via di contrasti eternamente superatisi, nei quali celasi appunto il succo della posizione liberale”.

Ma il filosofo che meglio mette in luce le differenze tra la posizione liberalsocialista e quella crociana è Guido Calogero, per il quale la giustizia sociale costituisce un valore morale altrettanto degno di quello della libertà politica, e i due principi non possono essere disgiunti: a fondamento del liberalsocialismo sta infatti – scrive – “il concetto della sostanziale unità e identità della ragione ideale, che sorregge e giustifica tanto il socialismo nella sua esigenza di giustizia quanto il liberalismo nella sua esigenza di libertà”.

Ora, se per “giustizia sociale” si deve intendere una sostanziale equità delle retribuzioni e delle possibilità economiche dei cittadini, questa non può che scaturire dalla teoria e dal progetto di una società che abolisca la proprietà privata dei mezzi di produzione. Un simile disegno economico-politico potrà dare buona o cattiva prova di sé nel tutelare e promuovere quella libertà che per Croce costituisce l’unico valore assoluto e, esattamente come il “liberismo” economico, rivelarsi più o meno efficace rispetto al conseguimento di tale obiettivo. Si può cioè porre in maniera legittima, dal punto di vista di Croce, il problema di stabilire quali dei due modelli economici sia più idoneo a tutelare e promuovere la “libertà” e considerare entrambi come “strumenti” più o meno adeguati rispetto a tale fine.

Ma se per “giustizia sociale” si intende invece il porre ciascun cittadino nelle condizioni basilari necessarie per poter sviluppare le proprie facoltà, le proprie capacità e i propri talenti, allora è chiaro che questa costituisce una precondizione per affermare e sviluppare anche la loro “libertà”. Se una persona non è posta nelle condizioni di poter avere un reddito sufficiente per vivere, per avere una casa, dei vestiti, del cibo e per ricevere un’istruzione adeguata, l’individuo in questione non sarà nemmeno posto nelle condizioni più idonee per affermarsi come “persona libera”, e la sua libertà sarà destinata a rivelarsi un’aspirazione astratta e irraggiungibile.

Naturalmente, il dibattito ormai secolare che si è svolto su quale sia il modello sociale ed economico più efficace per garantire il raggiungimento di tali precondizioni minime, o almeno per renderlo più probabile, rischia di rinviare la discussione alla stessa alternativa proposta da Croce, o a soluzioni terze e intermedie, come quelle avanzate dalla tradizione del pensiero socialdemocratico e dello stesso liberalsocialismo. Si può cioè discutere su quali siano le strategie migliori, sotto il profilo economico e politico, per realizzare le condizioni atte a garantire a ciascun cittadino l’esercizio concreto delle proprie libertà fondamentali. Tuttavia, in questa seconda accezione dell’espressione “giustizia sociale”, essa costituisce un valore non meno assoluto di quello della “libertà” di ognuno, dato che la realizzazione della prima costituisce una precondizione per poter concretamente realizzare la seconda. La posizione di Calogero - che attribuisce alla “giustizia”, intesa proprio come valore morale, un rilievo e un’importanza non inferiori a quelli che giustamente vengono attribuiti alla “libertà” – integra e “supera” dunque quella di Croce. Infatti, anche qualora si voglia considerare la prima solo come un mezzo necessario per rendere effettiva ed operante la seconda, l’ideale della “giustizia sociale” verrebbe comunque ad assumere un rilievo morale non inferiore a quello del fine che consentirebbe di salvaguardare e promuovere.